Cerca nel web

martedì 29 dicembre 2009

PUGLIA, ENERGIA PULITA / in Puglia entra in produzione un nuovo impianto fotovoltaico 9REN


L’impianto di Acquacandida, firmato 9REN e ubicato nel comune di Fragagnano, in provincia di Taranto, ha iniziato da pochi giorni la sua attività produttiva. Nella nuova centrale fotovoltaica del comune tarantino sono installati 3.564 moduli in silicio policristallino, ciascuno della potenza di 270W, montati su strutture di tipo fisso in acciaio zincato a caldo e alluminio, progettate dal dipartimento di Ingegneria e Innovazione del Gruppo 9REN. Continuando con i dettagli tecnici,
l’impianto si compone di 3 inverter ad elevata efficienza di conversione.

L’energia elettrica generata ogni anno dal sole di Fragagnano sull’impianto di Acquacandida sarà equivalente al fabbisogno energetico di circa 700 famiglie ed eviterà ogni anno oltre 950 tonnellate di emissioni di CO2.
L’impianto è stato finanziato in leasing e Global Arranger dell’operazione è Fidimprese, società di mediazione creditizia specializzata in finanziamenti per il settore fotovoltaico, che ha coordinato l’erogazione di un project leasing da parte di Leasint. Più in dettaglio, si tratta di un contratto di leasing immobiliare della gamma “Leasenergy”, dedicata al
finanziamento degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, con una durata di 18 anni a partire dalla connessione alla rete nazionale.

L’impianto di Acquacandida, che fa parte della pipeline 9REN che somma 300 MW di impianti in sviluppo solo in Italia, si aggiunge ai 4 impianti già realizzati da 9REN nella sola provincia di Taranto che sommano 4MW di fotovoltaico, di cui 2,7 MW già in esercizio e 100 kW di minieolico.
Tre dei cinque impianti 9REN nella provincia di Taranto sono stati realizzati nel comune di Lizzano. Si tratta di due parchi fotovoltaici rispettivamente da 1MW e da 700 kW su terreno, con strutture fisse, ai quali è stato integrato un impianto minieolico costituito da 4 aereogeneratori da 25 kW ciascuno. Il quarto impianto è ubicato nel Comune di Maruggio, sempre in provincia di Taranto, di capacità 1MW con struttura fissa e moduli in policristallino.

9REN è un Gruppo italo-spagnolo costituito nell’aprile del 2008. Le attività del Gruppo si concentrano principalmente nello sviluppo, progettazione e realizzazione di impianti di energia rinnovabile; attività di esercizio, manutenzione e miglioramento delle prestazioni di impianti di terzi monitorati dal centro di controllo 9REN di Madrid; crescita
dell’asset di Gruppo attraverso investimenti nella realizzazione di impianti propri.

Le referenze del Gruppo includono 100 MW di impianti fotovoltaici, gran parte realizzati chiavi in mano in Spagna, 175 impianti solari termici e 170.000 m2 di collettori solari fabbricati. Attualmente 9REN gestisce 98MW di impianti di cui 80MW per conto terzi e diversi impianti solari termici. Il Gruppo possiede 21MW di centrali fotovoltaiche in
Spagna e in Italia, in grado di produrre ogni anno 24GWh di energia elettrica e 6 installazioni nel solare termico asservite ad altrettante aziende a cui viene fornita acqua calda e climatizzazione.

9REN impiega 120 professionisti, con esperienza cumulata di oltre 600 anni/uomo nel settore delle rinnovabili ed è presente in Europa con 6 uffici commerciali e di progettazione in Spagna e 4 uffici in Italia situati a Roma, Milano, Bari e Taranto.
A distanza di poco più di un anno e mezzo dalla sua costituzione il Gruppo 9REN ha già realizzato in Puglia 10 impianti fotovoltaici per un totale di 10MW a cui si aggiunge la realizzazione di un impianto minieolico da 100kW. Gli impianti sono ubicati nelle province di Taranto, Brindisi, Bari e Lecce.

- Uno Notizie Puglia - Taranto -

Amburgo, città virtuosa dove i rifiuti diventano energia pulita


AMBURGO - Il gelido vento del nord piega i passanti e gli alberi, qui sulla Bullerdeich a un passo dal grande porto, la pioggia ti frusta in faccia. Ma nel moderno palazzetto al numero 19, i termosifoni ti riscaldano prima che arrivi il caffè di benvenuto.
«E´ anche grazie alla spazzatura portata qui da Napoli se lavoriamo al caldo. Bruciandola e trasformandola in energia pulita, portiamo il riscaldamento ad almeno 18mila famiglie», mi dice soddisfatto Herr Reinhard Fiedler, il gentilissimo, efficiente alto funzionario della Stadtreinigung Hamburg, l´azienda della città - Stato per raccolta e riciclaggio dei rifiuti.
Eccoci nella fredda Amburgo, dove la "monnezza" diventa tesoro ecologico, e aiuto prezioso alla difesa del clima. A Copenaghen si discute, qui si lavora. «Ricordiamo ancora quando vennero da Napoli le prime ventimila tonnellate», continua Herr Fiedler. «Per portarle fin quassù ci vollero quarantasei treni. Poi ne arrivarono altre diecimila. Se da voi o altrove in Europa esploderanno altre emergenze, noi siamo pronti». Come una Genova o una Torino del Nord, la splendida, prospera Amburgo non ama frivolezze ma lavora sodo. Il futuro qui è già realtà. I quattro grandi inceneritori della Stadtreinigung non hanno solo sostituito le tossiche discariche, che con le loro emissioni di metano avvelenano il clima venti volte più della più sporca fonderia cinese. «Dal 1989, abbiamo cominciato a trasformarli in centrali pulite per la produzione di energia. Per riscaldare le case, e produrre elettricità che immettiamo nella rete elettrica urbana», spiegano orgogliosi gli spazzini del clima del Grande Nord.
L´energia pulita e rinnovabile davanti agli occhi. Davvero funziona e non inquina? «La prova del fuoco è la location», insistono alla Stadtreinigung. Il più importante dei quattro megainceneritori sorge a Stellinger Moor, praticamente in pieno centro. A un passo dai loft più lussuosi, dalle case editoriali più prestigiose del mondo dei media tedeschi, dal secondo porto d´Europa sempre affollato di turisti e marinai. «Le emissioni di CO2 causate dalle nostre centrali sono praticamente nulle, perché bruciamo in maggioranza rifiuti organici. Le discariche qui in Germania furono vietate nel 2005, noi iniziammo a eliminarle dal 1989. I nostri inceneritori forniscono ogni anno circa 1 miliardo e 300 milioni di kilowattora».
Dei 2400 dipendenti dell´azienda urbana amburghese per i rifiuti, circa 120 lavorano agli inceneritori-centrali energetiche pulite. Metamorfosi in difesa del clima: da spazzini a operatori dell´energia. «Uno dei quattro inceneritori è tutto nostro, due a compartecipazione con privati, il quarto è stato rilevato da Vattenfall», il colosso svedese dell´elettricità. E´ appena un primo passo, dice Fiedler. «L´efficienza delle centrali che producono energia incenerendo i rifiuti è minore di quella di centrali a combustibile liquido, a carbone o nucleari, che restano irrinunciabili. Però le nostre centrali non causano emissioni, né pongono problemi di immagazzinamento di scorie. Senza le centrali tradizionali Amburgo sarebbe al buio, ma noi siamo una parte che ha cambiato il mix del tutto».
Instancabili, gli spazzini dell´energia lavorano sotto il vento e la pioggia che frustano Amburgo. I grossi camion Mercedes riforniscono senza sosta i quattro inceneritori centrali. Bisogna tenerli sempre accesi, servono 21mila tonnellate di rifiuti a settimana. «Teniamo scorte in bunker, siamo sempre pronti bruciare e produrre energia». Il futuro affianca Amburgo da tempo. «Noi amburghesi iniziammo nel 1896, ai tempi del Kaiser, a produrre energia bruciando rifiuti», racconta fiero Herr Fiedler.


di Andrea Tarquini

sabato 26 dicembre 2009

Kepler Motion ibrida e velocissima






Al Salone Internazionale dell’Auto di Dubai è stata presentata un’auto ibrida davvero tecnologica e ecologica. Si chiama Kepler Motion e ha una linea accattivante e aggressiva, colorazioni accese ma soprattutto può offrire performance niente male per la categoria.

Mettete insieme un motore Ford da 550 cavalli 3.5 litri twin-turbo EcoBoost V6 e un propulsore elettrico da 250 hp e otterrete ciò che può offrire questa Motion presentata nelle scorse ore da Kepler. Il suo tempo di accelerazione da 0 a 100 km/h è degno delle supercar tradizionali.
Kepler Motion è la nuova supercar fatta debuttare nel corso del 2009 Dubai International Motor Show. Le sue prestazioni sono da urlo con un tempo di accelerazione da 0 a 100 km/h di soli 2.5 secondi, la scocca superleggera per abbassare i consumi è di fibra di carbonio, resistente come l’acciaio. La velocità massima è di 320 km/h. La plancia dei comandi è ultra tecnologica, ne saranno prodotte e consegnate soltanto 50 esemplari.

Pubblicato da redazione tecnocino in Energia, Motori Terra.
Giovedì, 17 Dicembre 2009.

giovedì 24 dicembre 2009

Quando l'elettricità da rinnovabili diventa troppa





Per il gestore della rete elettrica spagnola il paese rischia di non riuscire ad assorbire dal 2014 tutta l’energia elettrica da rinnovabile che produce, soprattutto da fonte eolica. Previste perdite di almeno il 2% di quanto generato. Il governo allora pensa ad una crescita più graduale degli impianti. Ecco perché servono subito le “reti intelligenti” adatte alle fonti non programmabili e lavorare sullo stoccaggio dell'energia.
Reti e rinnovabili elettriche saranno nei prossimi anni, alla luce della forte diffusione di impianti di energia pulita, temi all’ordine del giorno. Da qualche tempo gli esperti stanno spiegando che le infrastrutture elettriche, pensate per i grandi impianti centralizzati alimentati a combustibili fossi o nucleare, non sono in grado di assorbire importanti quantitativi di elettricità prodotta da fonti energetiche non programmabili come le rinnovabili.
Il rischio è che la produzione di elettricità pulita vada perduta. Bisogna allora ripensare le reti e farle diventare “intelligenti”, realizzando le cosiddette smart grid, capaci di assorbire questa nuova elettricità, prodotta spesso a bassa e media tensione, che cresce in molti aree a ritmi vertiginosi. E inoltre spingere la ricerca su come immagazzinare il surplus di elettricità pulita prodotta quando la domanda è scarsa per poi riutilizzarla quando serve.

Proprio da uno di questi paesi leader delle rinnovabili, la Spagna, arriva un avvertimento che rischia di far ritoccare al ribasso i piani futuri di sviluppo delle energie rinnovabili, se non vi si porrà rimedio adeguando le reti e la gestione dell'elettricità da energie alernative.
La società che gestisce la rete elettrica spagnola (Red Eléctrica de España – REE) ha calcolato in un recente rapporto, Informe sobre la integración de generación renovable a medio plazo para el periodo 2009-2014, redatto su richiesta dal Ministero dell’Industria, che dal 2014 l’energia eolica prodotta di notte si inizierà a buttare via, perché non si avrà una domanda in grado di consumarla, tanto meno si potrà esportarla o stoccarla.
La notizia, riportata da El Pais, spiega che finora solo in alcuni casi eccezionali REE aveva dovuto “spegnere” le turbine eoliche, perché la rete non era in grado di assorbire l’eccessiva elettricità generata. Il caso più recente si è verificato il 15 novembre quando vennero disconnessi per 2 ore il 21% degli aerogeneratori (in Spagna sono installati oggi 17.700 MW eolici).

Per capire quanto sia rilevante la produzione eolica in Spagna va anche ricordato che per quasi due ore all’alba (ore 4,30-6,10) dell’8 novembre scorso, la rete spagnola, stavolta con successo, ha coperto il 53% della domanda con la produzione eolica, una percentuale di 10 punti percentuali maggiore rispetto all’ultimo record.
Ma l’evento di dover distaccare gli impianti, secondo REE, rischierà di ripetersi con sempre maggiore frequenza. In quattro anni si potrà perdere tra lo 0,6% e il 4,7% dell’elettricità eolica prodotta, un range ampio che dipenderà da diversi fattori, come per esempio il livello delle temperature future invernali ed estive, ovviamente oggi non previdibile. Tuttavia, si dice, che in un anno normale la dispersione dell’energia dovrebbe essere di circa il 2%, cioè approssimativamente oltre un miliardo di chilowattora.

Il rapporto del REE è stato intanto utilizzato dal governo spagnolo per programmare uno scaglionamento nel tempo degli impianti a fonte rinnovabile. Il documento conclude che “al presente ritmo delle installazioni di impianti rinnovabili si potranno avere casi in cui la produzione non potrà essere assorbita dal sistema, provocando uno spreco di elettricità”. Il problema varrebbe per tutte le fonti rinnovabili, ma in particolare il rischio più concreto si riferisce all’eolico che attualmente produce il 13% dell’elettricità spagnola, ma che a differenza del solare, è operativo di notte quando il picco della domanda è molto basso.

Il direttore generale della REE, Alberto Carbajo, ha spiegato a El Pais che se in una normale notte dell’anno 2014, si renderanno operativi il 70% delle turbine eoliche (a quella data, una potenza di 26.300 MW) si potranno generare circa 18.000 MWh, in grado di coprire solo la domanda prevista alla 4 di mattina; ma a questa produzione vanno poi aggiunti i 7.000 MW nucleari che non possono essere spenti e le centrali a gas o a carbone che comunque debbono funzionare al minino per essere pronte all’innalzamento della domanda. Alla fine si rischia di avere un eccesso di produzione elettrica, anche considerando un maggiore utilizzo per il pompaggio nei bacini idroelettrici o per un’esportazione verso la Francia. Non solo, ma la perdita di elettricità eolica (stimata tra 1 e 2 TWh/anno) si potrebbe verificare anche nell’ipotesi di avere in circolazione 3 milioni di auto elettriche che dovrebbero essere ricaricate nottetempo.

Lo studio fornisce un'indicazione al governo: “sarebbe necessario installare non più di 3.300 megawatt all’anno di fonti rinnovabili”. Una quota che il governo ha comunque fissato per i prossimi anni, anche per limitare il budget dedicato all’incentivazione di questi impianti.

Ma a questo quadro va aggiunto un altro elemento di notevole importanza. Il gestore della rete elettrica spagnola nel suo report prevede che si avrà un forte calo del settore elettrico convenzionale. Per 2014, infatti, si stima che le centrali a gas a ciclo combinato potranno funzionare solo tra le 2100 e le 2300 ore all'anno. Un numero di ore di esercizio che è pari alla metà di quanto pensava la lobby degli operatori del gas al momento in cui fu lanciato, dieci anni fa, un programma nazionale di investimenti per la realizzazione di centrali a gas. Anzi, la REE prevede che dal 2016 le ore di esercizio in un anno possano scendere addirittura a 1.700. Questi dati, legati anche alla forte concorrenza delle rinnovabili elettriche, che dalla loro parte hanno obblighi legislativi connessi con impegni vincolanti presi in sede europea, spiegherebbero la dura campagna degli operatori del gas contro le fonti rinnovabili in atto nel paese iberico.

Spagna e Germania su questo fronte saranno laboratori ed avamposti di un sistema energetico mondiale in profondo mutamento e quindi le loro esperienze saranno fondamentali per lo sviluppo su grande scala delle energie rinnovabili.
www.qualenergia.it
LB

30 novembre 2009

mercoledì 23 dicembre 2009

A Montalto di Castro via alla più grande centrale fotovoltaica d'Italia


di Martina Saporiti
ROMA (16 dicembre) - Alla vigilia della chiusura del vertice di Copenhagen, l’Italia fa un piccolo ma significativo passo in avanti per combattere il surriscaldamento globale: attacca la spina alla centrale fotovoltaica di Montalto di Castro, il più grande impianto d’Italia per la generazione elettrica da energia solare. La cerimonia di inaugurazione si è svolta nel corso di Re-event, una due giorni di dibattiti sul tema delle energie rinnovabili promossa dal centro di ricerca per l’innovazione e le nuove tecnologie Alarico itci onlus. Un ideale filo della corrente ha collegato lo Spazio Etoile di Roma, sede di Re-event, al piccolo comune viterbese, che grazie al nuovo impianto sarà presto energeticamente autosufficiente. La centrale fotovoltaica è un progetto nato dalla partnership tra Sun Ray, società indipendente per la produzione di energia elettrica da fonte solare, e Sun Power, produttore di celle, moduli e sistemi fotovoltaici ad alta efficienza. La centrale, la cui costruzione è iniziata nel giugno del 2009, si estende su una superficie di 80 ettari e utilizza 78.720 moduli solari. L’impianto è stato costruito su un territorio già compromesso dal punto di vista ambientale perché occupato da numerose linee dell’alta tensione dell’Enel. Produce 40 GWh di energia all’anno e ha una potenza di picco di 24 MW. Genera energia elettrica sufficiente a soddisfare i bisogni di 13.000 abitazioni e permette di evitare l’emissione di circa 22.000 tonnellate di biossido di carbonio ogni anno. Per risparmiare la stessa quantità di anidride carbonica sarebbe necessario piantare più di 2 milioni di alberi. La costruzione della centrale, terminata nel tempo record di sette mesi, ha coinvolto 250 operai e 10 aziende locali specializzate per opere civili, meccaniche ed elettriche. «Più di 200 operai locali sono stati formati con le competenze specifiche della tecnologia fotovoltaica, superando le nostre attese e dando prova di creatività e professionalità», ha dichiarato il presidente Sun Ray Yoram Amiga. Ma il risvolto occupazionale del progetto non si esaurisce alle fasi di costruzione. La centrale sarà in funzione per circa 30 anni e richiederà l’impiego di addetti per la manutenzione, sorveglianza, pulizia, operazioni amministrative. Senza considerare che l’impianto è solo la prima fase di un progetto di sviluppo di 85 MW, che secondo le previsioni sarà operativo nel 2010. «Il progetto di Montalto di Castro è una pietra miliare per il settore fotovoltaico, a conferma che le centrale fotovoltaiche sono oggi finanziariamente sostenibili ed interessanti da punto di vista economico», dichiara Howard Wenger, presidente Global Business Units di Sun Power. «Nei prossimi anni, la centrale fotovoltaica diventerà il principale punto di riferimento dell’Europa per la produzione di energia rinnovabile». L’inaugurazione dell’impianto rientra nei piani della Regione, che sta lavorando per promuovere lo sviluppo delle energie da fonti rinnovabili, proprio mentre si torna a discutere di Montalto di Castro come possibile sede di una delle nuove centrali nucleari italiane. «Il Lazio, sino ad un anno fa, era il fanalino di coda delle regioni europee in tema di energie rinnovabili - dichiara l’assessore regionale all’Ambiente Filiberto Zaratti -. Produceva solo 0,5 MW di energia solare e 0,5 MW di energia eolica. Per questo abbiamo deciso di investire in energia pulita, cercando le risorse economiche e mettendo a punto un percorso legislativo di semplificazione. Il piano energetico regionale prevede di produrre 2,5 GW di energia da fonti rinnovabili entro il 2020».«Prevediamo un investimento pubblico di 267 milioni di euro - ha detto ancora Zaratti - ma dobbiamo necessariamente promuovere anche l’investimento privato, sia dei cittadini sia delle imprese. Perché dalle energie rinnovabili arrivano non solo nuove opportunità economiche e posti di lavoro, ma anche lo sviluppo di nuove tecnologie e ricerca per il nostro paese».

martedì 22 dicembre 2009

Al via i test per una Volvo C30 elettrica

Anche Volvo sbarca nel settore delle auto elettriche. Lo fa dalla porta principale, ossia in occasione del Detroit Motor Show dall'11 al 24 gennaio prossimo, quando sarà presentata questa nuova Volvo C30, che potrà essere ammirata su strada già nel 2011, anche se sotto forma di test car.
In realtà un prototipo di questo veicolo, che si prevede abbia un'autonomia di 150 km e una velocità massima di 130 km/h, è già stato costruito e presentato a settembre di quest'anno. La C30 proposta il mese prossimo oltreoceano prende spunto proprio da qui, come spiega Lennart Stegland, direttore dei veicoli speciali della casa svedese del gruppo Ford: "Il prototipo ci è servito per identificare gli eventuali problemi, quali la tenuta delle batterie e il tema della sicurezza. Abbiamo affrontato questa sfida creando la C30 e dandole personalità e facilità di guida. E il risultato è stato eccellente, visto che quello di Detroit sarà un prodotto completo".
document.write('');
Nel 2010 sarà poi la volta della costruzione di ulteriori esemplari da utilizzare come auto in prova da parte di addetti ai lavori, che ne valuteranno pregi e difetti nell'arco di 2 anni. L'azienda nata a Göteborg nel 1927 non è stata lasciata sola in queste fasi, visto che l'autorità svedese per l'energia ha finanziato il progetto e la realizzazione della C30 con circa 15 milioni di euro.
Ma il lavoro della Volvo è più complesso di quanto sembri, dato che non si sta solo creando un'auto nuova di zecca con una tecnologia che non si sa ancora bene come risponda nei test stradali: si stanno progettando anche i dettagli degli stabilimenti che la produrranno e i servizi che saranno necessari ai clienti, con l'obbiettivo di fare dell'acquisto dell'auto elettrica una scelta vantaggiosa.
Ma come sarà la C30 elettrica? Sarà praticamente identica a una Volvo C30 "normale", con gli stessi standard di sicurezza e lo stesso spazio nell'abitacolo. L'aspetto più evidente sarà la strumentazione di bordo e il cruscotto, che terranno in grande evidenza dal punto grafico la velocità e l'autonomia residua. Guidarla, magari sulle distese innevate della Lapponia svedese, sarà sicuramente un'esperienza a cui non si è abituati: nessun rumore e potenza subito disponibile per accelerate immediate.
Va perfezionato il sistema di trasmissione che sia al tempo stesso sicuro e agile e in grado di utilizzare al meglio la spinta delle batterie che utilizzano circa un quarto dell'energia di omologhe auto a combustibile fossile, con la conseguenza di veder aumentare in maniera esponenziale la domanda di auto di questo tipo, visto anche il parallelo aumento del prezzo della benzina. "Purché abbiano gli stessi standard qualitativi e di sicurezza dei modelli a benzina. E in questo il governo e le autorità svedesi e internazionali devono aiutarci ad abbattere i costi di produzione delle batterie al litio da 280 kg" aggiunge Paul Gustavsson, direttore auto elettriche Volvo Cars.
di Andrea Barbieri Carones 18/12/2009

lunedì 21 dicembre 2009

Renault Aeon concept: l’auto del futuro sarà alimentata ad energia solare


Parlare della Renault Aeon concept come di un’automobile in senso proprio, almeno riguardo l’automobile per come la si intende al giorno d’oggi, riesce un po’ difficile, va detto.
In effetti, se si eccettua il conosciuto logo di Renault, la Aeon ha in comune con le autovetture odierne poche cose come, tra queste c’è il fatto di viaggiare su quattro ruote e di avere un volante, ma per tutto il resto, invece, questo veicolo è sicuramente tra quelli più originali visti in questi ultimi anni.

Di dimensioni medie, capace di accogliere due persone e spinto da un motore elettrico, il concept di Renault propone soluzioni stilistiche interessantissime ma al tempo stesso funzionali: le linee arrotondate e il design “a goccia” non sono infatti parte di un gioco stilistico fine a se stesso, sono piuttosto il frutto di un ardito studio aerodinamico volto ad ottenere la massima efficienza dinamica, con l’obiettivo di abbattere gli attriti e ottimizzare il dispendio energetico.
Le ruote, disposte ai quattro angoli della carrozzeria proprio come nelle monoposto da corsa, hanno la particolarità di essere carenate per ridurre l’attrito con l’aria, ma a questo aggiungono anche la funzione di dare una discreta impronta a terra a tutto il veicolo.
E tornando a parlare di energia va sottolineato come la Aeon concept presenti un’altra sua peculiarità, ovvero la presenza di piccoli pannelli solari integrati in diversi elementi della sua carrozzeria che consentiranno di recuperare l’energia necessaria al suo utilizzo.
Difficile dire se vedremo mai un modello simile sulle strade di ogni giorno, ma sicuramente vedremo alcune delle soluzioni adottate dalla Aeon, perché l’auto del futuro dovrà essere efficiente e un’auto efficiente dovrà essere un’auto pulita e ad impatto zero sull’ambiente: dovrà essere, in altre parole, un po’ come questa media dalla forma “bizzarra”.



di Giuseppe Cutrone - Giovedì 26 Novembre 2009

venerdì 18 dicembre 2009

Concept Active E - LA PRIMA BMW ELETTRICA


Dunque anche la BMW si fa prendere dalla "scossa elettrica" che sta attraversando il mondo dell'auto negli ultimi mesi. La Casa di Monaco, che finora aveva indirizzato i suoi sforzi "ecologici" verso altre tecnologie, come l'idrogeno e l'idrido, presenterà al Salone di Detroit di gennaio la concept Active E, una Serie 1 totalmente elettrica.Forte dell'esperienza fatta con la Mini E (versione a batterie protagonista di un esperimento pilota negli Stati Uniti), il costruttore tedesco ha previsto per questa nuova vettura un programma di sperimentazione da parte di utenti privati nell'uso quotidiano. Uno studio che sarà utile anche per lo sviluppo del cosiddetto Megacity Vehicle, un futuro mezzo per la mobilità a emissioni zero nelle aree metropolitane.Il motore della Active E, che eroga 170 CV di potenza e 250 Nm di coppia, è alimentato da batterie agli ioni di litio sviluppate appositamente con la partner SB LiMotive. Secondo la BMW, in condizioni di uso normale, con riscaldamento o aria condizionata accesa, la Active E garantisce 160 km di autonomia. Le prestazioni? Meno di nove secondi per lo "0-100" e velocità massima di 145 km/h.Propulsione a parte, la Active E è simile alle altre Serie 1: identica carrozzeria, quattro posti, trazione posteriore. E, assicurano a Monaco, stesso piacere di guida. Anche se il peso raggiunge i 1.800 kg, circa 400 in più rispetto alle Coupé "normali". (C.Bal)

giovedì 17 dicembre 2009

Copenhagen wheel: la ruota intelligente per la prima bici ibrida




La scoperta della ruota ha rappresentato un punto di svolta nell'evoluzione dell'uomo. Ma quella presentata ieri davanti al municipio di Copenhagen durante il vertice sul clima e sotto gli occhi dei sindaci di tutto il mondo, è destinata ad andare oltre. Sì perché la Copenhagen green wheel è un concentrato di tecnologia in grado di trasformare qualsiasi bicicletta in un'elettrica a pedalata assistita, ma soprattutto di farci entrare nell'era del biking 2.0.
La ruota messa a punto dal MIT (Massachussets Institute of Technology) di Boston in collaborazione con l'italianissima Ducati Energia e con il supporto del Ministero dell'Ambiente italiano, di Progical Solutions LLC e del Comune di Copenhagen, può essere considerata davvero il primo esempio di bicicletta ibrida a zero emissioni.
Apparentemente, e a prima vista, disco rosso all'interno a parte, non ha niente di speciale rispetto alle normali ruote. Ma è in quell'unico mozzo color rubino che è contenuta tutta la sua innovatività: dalla batteria elettrica in grado di accumulare l'energia passiva prodotta dalla pedalata per poi rilasciarla quando necessario, come ad esempio in salita, al chip bluetooth per lo scambio delle comunicazioni; dai sensori ambientali che interagiscono con lo smartphone, all'elettronica di controllo. Il freno stesso è "zippato" all'interno di questo disco che "sprigiona tecnologia da tutti i pori".
In pratica, come è stato dimostrato anche durante la presentazione ufficiale alla quale ha assistito anche il Ministro Stefania Prestigiacomo, attraverso gli speciali sensori collegati via bluetooth all'iPhone collocato sul manubrio, il ciclista riceve informazioni dalla bicicletta, ma anche dal web, sulla velocità, sulla distanza percorsa, sullo stato del traffico e sui percorsi da preferire (sfruttando il GPS dell'iPhone). E addirittura sulla prossimità o meno di amici in zona o sul livello di inquinamento urbano in quel preciso punto. Tutti dati che il ciclista può decidere di trasmettere esso stesso al web server del Comune per aggiornamenti in tempo reale. L'interazione tra la ruota posteriore e l'iPhone è costante e oltre all'elaborazione delle varie informazioni, il sistema funge da ausilio al ciclista permettendogli di scegliere tra una serie di comandi e 7 differenti modalità di pedalata.
"Negli scorsi anni si è tornati a riconoscere il valore delle biciclette", afferma Carlo Ratti, direttore del MIT SENSEable City Laboratory e responsabile del progetto Copenhagen Wheel. "E' iniziato tutto proprio a Copenhagen, e poi via via si è riscoperto il gusto di pedalare anche in altre città come Parigi, Barcellona e Montreal. E' un ritorno alla bici, ma in modalità 2.0, con la tecnologia che facilita e assiste la guida e che consente nuove esperienze d'uso".
La missione contenuta nel progetto Copenhagen Wheel, infatti, è quella di estendere l'uso della bicicletta anche verso quella parte di cittadinanza che oggi esclude a priori il concetto di andare al lavoro pedalando e, come specifica Federica Guidi, direttore generale di Ducati: "L'idea è quella di competere con le attuali bici elettriche e quindi puntiamo ad un prezzo inferiore ai mille euro".
La ruota intelligente, stando a quanto reso noto, dovrebbe essere commercializzata entro sei mesi anche se allo stato attuale, non è stata ancora neanche brevettata, ma, come assicurano sia la Guidi che Ratti, andrà in produzione a partire dal 2010.
Simona Falasca

mercoledì 16 dicembre 2009

Energia solare












Inserito da MultiUtilityBiz il 9 Giugno, 2008 - 15:50

Come energia solare viene definita l'energia raggiante dal sole sull'atmosfera terrestre che ammonta in media a 1.353 watt/m2 di una superficie posizionata in senso verticale ai raggi del sole. Questo valore è abbastanza stabile nel tempo e viene anche definito come “costante solare”. L'atmosfera terrestre e le sostanze in essa contenute (aria, ozono, vapore acqueo, polvere e altri componenti) assorbono e riflettono una parte dell'energia, in modo che sulla superficie terrestre arrivano ancora due terzi dell'energia raggiante.
In una giornata limpida, una superficie orizzontale è colpita da circa 1000 watt/m2, quando il sole ha raggiunto il punto più alto. Se questa quantità di energia è messa in relazione all'intera superficie terrestre volta verso il sole (una superficie circolare con un diametro di quasi 14.000 km), nel corso di un anno si ottiene un'enorme quantità di energia pari a 1018 kWh. Essa corrisponde all'incirca a 13.000 volte l'energia consumata nell'arco di un anno in tutto il mondo.

L'uso termico dell'energia solare
Riscaldamento dell'acqua sanitaria
Uno dei modi più evidenti di usare l'energia solare è il riscaldamento dell'acqua sanitaria. Questo tipo di applicazione sembra essere interessante, poiché in molte case unifamiliari e plurifamiliari l'acqua calda sanitaria si ottiene con la caldaia, e proprio nei mesi estivi questi impianti mostrano un pessimo rendimento. Dall'altro canto, d'estate l'offerta di energia solare è molto grande, perciò basta una superficie limitata di collettori solari (circa 6-10 m2 per una famiglia composta da 4 a 8 persone) e un accumulo relativamente piccolo (0,5-1 m3). Inoltre la temperatura dell'acqua calda, generalmente usata, è relativamente bassa, e quindi si possono ottenere dei buoni rendimenti anche con un impianto relativamente semplice. In linea di massima si usa una superficie che assorbe la maggior parte della radiazione solare e che quindi si riscalda. Questo calore viene poi trasportato mediante un termovettore liquido (di solito si usa l'acqua con una sostanza anticongelante) al serbatoio tramite uno scambiatore di calore. Per i periodi, in cui l'insolazione non è sufficiente, si deve provvedere ad un riscaldamento ausiliario.
La forma più semplice di un “collettore solare” è costituita da un tubo o da una stuoia in materia plastica che abbia una superficie più assorbente possibile (ad esempio nera) e attraverso la quale scorra direttamente l'acqua da riscaldare. Se questi tubi o queste stuoie vengono esposti in un posto molto soleggiato, come ad esempio un tetto, sono molto utili per il riscaldamento dell'acqua. I “collettori” di questo tipo subiscono però delle perdite di calore relativamente grandi a causa di radiazione e trasmissione termica, per cui già una leggera diminuzione della temperatura esterna comporta una notevole riduzione del rendimento. Per questo motivo il campo d’impiego è limitato soprattutto al riscaldamento dell’acqua di piscine.
Una forma più sofisticata è costituita dal collettore solare piano. L'energia solare irradiata viene trasformata in calore nell'assorbitore costituito da una lastra metallica di colore nero opaco. Attraverso questa lastra metallica passa il termovettore che cede il calore formatosi. La parte posteriore del collettore è provvista di un isolamento termico per ridurre la perdita di calore. Una copertura trasparente impedisce il raffreddamento immediato della superficie dell'assorbitore causato dall'aria nell'ambiente. Una copertura in vetro, ad esempio, ha il compito di riflettere parte della radiazione a onde lunghe emanata dall’ assorbitore (effetto serra). In questo modo le perdite di calore si possono ridurre notevolmente. Normalmente l'assorbitore del collettore è fatto di metallo (rame, alluminio, acciaio). Per ridurre le perdite di calore in molti collettori le superfici metalliche sono provviste di un cosiddetto rivestimento selettivo che assorbe bene la luce visibile ed emana poca radiazione ad onde lunghe. Per quanto riguarda le normali temperature di regime che oscillano tra i 40°C e i 60°C, le perdite per conduzione termica nelle pareti posteriori e laterali costituiscono soltanto il 10% circa di tutte le perdite di calore del collettore. Normalmente non ha quindi molto senso usare degli strati isolanti che superino i 5-10 cm. E molto importante tenere conto della “temperatura di inattività” del collettore. Con un'insolazione molto forte l'assorbitore può raggiungere anche 150°C-200°C, ed e molto importante che l'isolante termico non venga danneggiato (ad esempio quando viene montato).
Un altro tipo di collettore solare è il cosiddetto collettore a tubo. Per questi collettori si usa come “materiale isolante” un vuoto d'aria. Grazie alla loro struttura tubolare questi collettori dispongono di un'alta resistenza alla pressione e possono quindi reggere una depressione molto forte. E grazie al vuoto, le perdite di calore subite dai collettori a tubo sono minori e il rendimento è più alto. In base alle perdite di calore notevolmente ridotte i collettori di questo tipo sono in grado di raggiungere dei rendimenti relativamente buoni anche con temperature esterne basse. Sono però anche molto più costosi dei collettori piani e perciò vengono impiegati soprattutto in zone con temperature esterne basse.
Per rendimento di un collettore solare si intende il rapporto tra potenza utile ceduta dal collettore e la potenza dell'energia solare irradiata sulla superficie del collettore. Strumenti efficaci per la valutazione della qualità di un collettore sono le caratteristiche che indicano la resa in relazione alla differenza tra la temperatura media del liquido contenuto nel collettore e la temperatura dell'aria esterna. Questo divario di temperatura spesso si divide ancora per l'energia solare irradiata sulla superficie del collettore; così si ottiene un decorso quasi lineare. Per poter determinare l'inclinazione ottimale dei collettori solari c'è una regola molto semplice. Il valore massimo di energia irradiata nel corso di un anno si ottiene con un angolo d'inclinazione del collettore pari al grado di latitudine geografica (che per l'Alto Adige e tra 46° e 47°). Il valore massimo invernale si ottiene con un'inclinazione del collettore uguale al grado di latitudine più 15°, quello estivo invece con un'inclinazione del collettore uguale al grado di latitudine meno 15° (in Alto Adige quindi a rispettivamente circa 60° e 30°). Oltre all'inclinazione orizzontale è molto importante anche l’orientamento dei collettori. L’orientamento ideale consiste nell’esposizione del collettore verso sud. La diminuzione del rendimento è lieve, fin quando la deviazione da sud non superi i 15°. La deviazione dall’esposizione verso sud nel caso ideale non dovrebbe però superare i 30°.

Integrazione del riscaldamento

Aumentando la superficie del collettore adeguatamente, l’acqua calda prodotta può essere usata non solo come acqua sanitaria, ma anche per l'integrazione nel riscaldamento degli ambienti. Il principio di funzionamento dell'impianto rimane invariato. Affinché questo tipo d’impianto possa però funzionare bene, si devono considerare alcuni criteri di progettazione. Poiché l'impianto dovrebbe servire all'integrazione del riscaldamento nelle mezze stagioni e durante l'inverno, negli intervalli dell'anno in cui l'insolazione è più bassa che d'estate, la superficie del collettore prevista deve essere di dimensioni adatte. Inoltre, in questi periodi le temperature esterne sono basse, e quindi i collettori solari devono essere protetti il meglio possibile da perdite di calore. Inoltre anche il serbatoio termico deve essere più grande per poter garantire d'inverno un'integrazione del riscaldamento il più continuativo possibile e per poter fungere nelle mezze stagioni anche da caldaia sostitutiva. Per un buon funzionamento dell'impianto è vantaggioso applicare un sistema di riscaldamento che può funzionare anche con basse temperature dell'acqua, poiché un'inferiore temperatura media dell'acqua contribuisce a ottenere dei buoni rendimenti dei collettori anche con una temperatura dell'aria esterna bassa. Inoltre diminuiscono in questo modo le perdite nel serbatoio termico e durante il trasporto dell'acqua calda dai collettori al serbatoio e dal serbatoio agli ambienti da riscaldare.
Con una bassa temperatura dell'acqua funzionano particolarmente bene i sistemi di riscaldamento a superficie come il riscaldamento a pavimento, a parete o a soffitto. Ma anche i radiatori con grandi superfici, i cosiddetti radiatori a bassa temperatura, sono molto efficienti. Progettato correttamente, d'inverno questo sistema può servire per preriscaldare l'acqua che poi viene portata alla temperatura necessaria per il riscaldamento nella caldaia tradizionale con consumi inferiori di energia. Nelle mezze stagioni, questo sistema può sostituire la caldaia per periodi più o meno lunghi, a seconda della progettazione e delle condizioni meteorologiche. Per una realizzazione finanziariamente sostenibile e per un buon funzionamento dell'impianto è però indispensabile che gli ambienti da riscaldare e l'edificio nel suo insieme abbiano un buon isolamento termico e che quindi non presentino un fabbisogno di energia termica troppo elevato, che si tratti dunque di una cosiddetta “casa a basso consumo di energia”. Gli impianti che sono progettati per l'integrazione del riscaldamento degli ambienti durante l'inverno, d'estate forniscono però quantitativi di energia termica molto più elevati di quelli necessari per il riscaldamento dell'acqua sanitaria, va quindi previsto come poter utilizzare questa eccedenza di energia, ad esempio nel riscaldamento di una piscina. Se questa possibilità non dovesse sussistere, si deve provvedere al raffreddamento dei collettori, ad esempio con l'aiuto di acqua d'irrigazione o simili..
L'uso passivo dell'energia solare
Oltre all'uso dell'energia solare per mezzo di sistemi “attivi”, cioè sistemi che si basano su un meccanismo proprio, più o meno complicato, esiste anche la possibilità dell'uso “passivo” dell'energia solare, o meglio l'uso dell'energia solare tramite una determinata disposizione dei componenti architettonici.
Uno dei fattori più importanti è la scelta della posizione dell'edificio (se possibile) e l'orientamento dell'edificio e dei componenti architettonici a seconda dei punti cardinali. Verso sud l'edificio dovrebbe disporre di finestre grandi, affinché, soprattutto d'inverno quando il sole è basso, la sua luce possa entrare nelle stanze e riscaldarle. Per evitare il surriscaldamento delle stanze durante l'estate, le finestre dovrebbero essere protette dall'incidenza della luce solare nelle ore di maggiore esposizione. Ciò si può fare per mezzo di una pensilina abbastanza grande, un balcone oppure degli appositi schermi parasole. Gli ambienti principali, come salotto, cucina, studio, dovrebbero essere orientati verso sud. Il lato dell'edificio orientato verso nord dovrebbe invece disporre di finestre il più piccole possibili da usare per l'incidenza della luce e per l’areazione.
Il riscaldamento passivo degli ambienti si basa sull’”effetto serra”. La radiazione solare ad onde corte entra in una stanza passando attraverso una facciata trasparente (finestra)e si trasforma in calore cadendo su superfici e oggetti. Le superfici e gli oggetti nella stanza si riscaldano ed emettono a loro volta radiazione termica a onde lunghe che però passa per il vetro della finestra soltanto in minima parte. La quantità di energia raggiante che entra nella stanza è quindi molto più elevata di quella che esce dall'ambiente, in modo che quest’ultimo si riscalda. Evidentemente l'efficacia del riscaldamento acquista d'intensità, quando le superfici dell'ambiente o dell'edificio non esposte al sole sono protette dalle perdite di calore. Ci vuole però un dimensionamento corretto per evitare il surriscaldamento dell'ambiente.
Se alcune delle superfici interne dell'ambiente (soprattutto quelle irradiate direttamente dal sole) sono costituite da materiali compatti che accumulano il calore, la temperatura nell'ambiente aumenta soltanto di poco durante l'insolazione; il calore accumulato viene ceduto tramite convezione e radiazione a onde lunghe, quando l'insolazione nell'ambiente viene a mancare. Poiché l'emissione di calore avviene per la maggior parte tramite la radiazione superficiale delle pareti e del pavimento, nell'ambiente si crea un clima gradevole, sebbene la temperatura dell'aria sia relativamente bassa.
Un sistema semplice per l'uso passivo dell'energia solare è costituito da ampie finestre, orientate a sud, e di ambienti racchiusi da muri costruiti in un materiale che accumula il calore e che verso l'esterno dispongono di un buon isolamento termico. Le perdite per emissione notturna dovute alle grandi finestre orientate verso sud possono essere ridotte applicando delle coperture mobili (persiane avvolgibili, veneziane). Per poter garantire negli ambienti un clima gradevole anche durante l'estate, è necessario usare un parasole che eventualmente può essere mobile, che non ostacoli la vista e che d'estate riduca l'irradiazione solare delle finestre, per evitare così l'effetto serra indesiderato in questo periodo dell'anno.
Se direttamente dietro la vetrata orientata a sud si dispone un muro di accumulo, questo sistema si definisce “Muro di Trombe”. Questo muro funge contemporaneamente da collettore e da accumulatore. Se il lato esterno del muro di accumulo è di colore scuro, il suo potere assorbente aumenta. L'energia assorbita dal muro di accumulo durante il giorno viene ceduta al locale interno in modo abbastanza costante rispettando le oscillazioni dell'insolazione.
Ingrandendo lo spazio tra la superficie in vetro e il muro collettore-accumulatore collocato dietro di essa, in modo da essere utilizzabile, si crea una veranda con un funzionamento analogo al muro di Trombe. La veranda può essere utilizzata per la coltivazione di piante, frutta, verdura oppure semplicemente come integrazione accogliente e sempreverde dell'abitazione. Nella progettazione di verande è indispensabile prevedere una separazione chiudibile, per esempio una porta scorrevole, tra veranda e abitazione per evitare dispersioni di calore dall’abitazione alla veranda nelle ore notturne e nelle giornate prive di insolazione.

Gli impianti fotovoltaici: corrente che viene dal sole
Gli impianti fotovoltaici trasformano l’energia solare in energia elettrica. E’ una fonte energetica che viene impiegata dal 1958, in una prima fase ai fini dell’approvvigionamento energetico dei satelliti mediante celle solari. La crisi energetica degli anni Settanta e una maggiore consapevolezza ambientale hanno indotto il mondo politico a incentivare lo sviluppo del fotovoltaico rendendolo, grazie alla tecnologia, più interessante anche in termini economici. Oggi gli impianti fotovoltaici vengono utilizzati per la produzione di energia elettrica in tutto il mondo. Possono rappresentare l’unica fonte di approvvigionamento energetico nei cosiddetti sistemi a isola oppure essere utilizzati per l’immissione di corrente alla rete di approvvigionamento pubblico.
Foto: Netzgekoppelte PV - Anlage bei einem Plusenergiehaus (Quelle: Prof. Reinhard Malz)
Descrizione tecnica
Il flusso di energia solare che arriva sulla terra è pari a 15.000 volte l’attuale consumo energetico totale. La quota di energia luminosa rappresenta all’incirca il 75%. Grazie agli impianti fotovoltaici questa energia radiante può essere trasformata direttamente in elettricità senza produrre emissioni (come il biossido di carbonio).Per trasformare la luce in energia si utilizzano le celle solari degli impianti fotovoltaici.L’elettricità prodotta può essere utilizzata in loco, accumulata o trasferita alla rete. Quando l’energia viene immessa nella rete, un inverter trasforma la corrente continua in corrente alternata.



Fra le tipologie di impianto fotovoltaico esiste anche quello definito “a isola” utilizzato come unica fonte di produzione energetica (ad esempio nei masi di montagna o per gli impianti di irrigazione). Per garantire un approvvigionamento energetico costante, l’energia viene stoccata in accumulatori.
I costi di produzione dei moduli solari incidono in maniera decisiva sulla produzione di corrente fotovoltaica facendola risultare così più costosa rispetto a quella generata con impianti tradizionali. Tuttavia una parte consistente dei costi successivi alla produzione energetica convenzionale non vengono considerati nelle tariffe energetiche. La forte irregolarità dell’irraggiamento solare variabile secondo le stagioni, l’ora del giorno e le condizioni meteorologiche, rende difficoltoso l’impiego degli impianti fotovoltaici che tuttavia rappresentano un elemento importante del sistema di generazione energetica.
A fronte di un irraggiamento solare apparentemente immenso, a causa del grado di rendimento attualmente basso, gli impianti fotovoltaici hanno un grosso impatto in termini di estensione delle superfici da attrezzare a celle solari. Un impianto ad energia eolica della potenza di 5 MW produce la stessa quantità di energia di un impianto a pannelli solari dell’estensione di 500 m x 500 m (25 ha).

Potenza e resa annua
La potenza nominale di un impianto fotovoltaico si misura in Wp (Watt peak) e in kWp (chilo Watt peak), valore riferito alla potenza a una temperatura modulare di 25°C e 1000 W/mq di irraggiamento. Con questo irraggiamento massimo e in situazioni di regime normale i moduli solari hanno una temperatura di esercizio notevolmente più elevata, ma una potenza nettamente minore poiché la loro resa cala con l’aumento della temperatura. Per questa ragione, a differenza dei collettori solari termici, i moduli fotovoltaici non vanno integrati direttamente nei tetti, ma sollevati a una distanza sufficiente da garantirne l’aerazione e il raffreddamento.
Esistono diverse tipologie di celle solari con costi e caratteristiche diversi. Il rendimento dei moduli solari attualmente sul mercato oscilla dal 10% al 16%.
Il criterio più importante per la realizzazione di un impianto fotovoltaico è la resa annua media auspicata che dipende dalla potenza nominale e dalla resa dei moduli, dall’orientamento e dalla pendenza dell’impianto e dalle condizioni climatiche. Da anni la resa media annuale va aumentando costantemente con il miglioramento dei moduli e degli inverter e oggi in Alto Adige, in condizioni ottimali di orientamento e di pendenza, raggiunge valori fra i 1000 e i 1200 chilowattora per kWp. Nell’installazione degli impianti è richiesta particolare attenzione nell’evitare possibili zone d’ombra che potrebbero ridurre notevolmente la resa annua.
Incentivi per impianti fotovoltaici

Pubblicazioni

(Fonte Provincia Autonoma di Bolzano - Alto Adige)
GIUGNO 2008

Inizia la sperimentazione della Toyota Prius Plug-in. Quale futuro?


L’annuncio della Toyota fa seguito alla presentazione del prototipo della Prius Plug-in avvenuto il mese scorso in occasione del Salone dell’Auto di Francoforte. Oggi, la versione plug-in della vettura ibrida Prius è pronta ad affrontare il test più duro ossia l’uso quotidiano da parte di un selezionato ed esigente numero di clienti. La sperimentazione durerà poco più di un anno e consisterà nel fornire circa 600 unità in leasing a istituzioni pubbliche, società private e al car sharing cittadino. In particolare, saranno destinate 230 Prius Plug-in al mercato giapponese, 200 in Europa e 150 negli Stati Uniti. Al termine del periodo di test sarà quindi avviata la commercializzazione che secondo i vertici del gruppo Toyota nel giro di due anni raggiungerà volumi di vendita nell’ordine di svariate decine di migliaia di unità ad un prezzo abbordabile e comunque inferiore a quello delle auto elettriche. La Toyota Prius Plug-in è basata sulla terza serie del famoso veicolo ibrido che, dal suo lancio avvenuto a giugno, ha già totalizzato oltre 17.000 ordini in Europa. La differenza sostanziale del modello plug-in sta nel pacco batterie che, come nei cellulari, sono agli ioni di litio e quindi più leggere, meno inquinanti di quelle al piombo e, in più, garantiscono al tempo stesso maggiore autonomia in un minor tempo di ricarica. La Prius Plug-in consuma meno carburante rispetto al modello ibrido tradizionale con un aumento sensibile dell’autonomia e può percorrere in modalità ‘solo elettrica’ circa 23 km che consentono di affrontare il percorso medio cittadino come ad esempio quello tra la casa e l’ufficio.Il risultato è che, con queste caratteristiche, l’impatto ambientale è enorme in termini di minori emissioni inquinanti e minori consumi di combustibile. Se poi si ipotizza (ma in alcuni casi già si tratta della realtà) che l’energia necessaria a ricaricare le batterie potrebbe essere ricavata a sua volta da fonti rinnovabili allora ci si potrebbe davvero trovare di fronte ad una svolta epocale per la mobilità sostenibile.Questo risultato è un'ulteriore dimostrazione delle lungimiranti capacità ingegneristiche di Toyota nello sviluppo di un’automobile orientato alla qualità totale, capace di offrire prestazioni elevate non solo in termini dinamici e di sicurezza (la nuova Toyota Prius ha ottenuto il massimo risultato delle 5 stelle nei test di sicurezza svolti con i recenti criteri EuroNCAP 2009.) ma anche e soprattutto in termini di concreto rispetto dell’ambiente.Il progetto della Prius Plug-in è sostenuto finanziariamente anche dal Dipartimento per la Gestione dell'Ambiente e dell'Energia francese e ciò indica che ormai anche le istituzioni non stanno più a guardare limitandosi ad emanare regolamenti restrittivi alla mobilità o più semplicemente ad incentivare il ricambio eco-tecnologico mediante gli incentivi alla rottamazione.Oggi, tutti noi automobilisti abbiamo una maggiore sensibilità ecologica ma non intendiamo affatto rinunciare alla nostra libertà e/o necessità di movimento. La nuova Prius Plug-in rappresenta quindi quell’anello mancante e finalmente quel passo verso un futuro in cui ecologia e libertà/necessità della mobilità possono finalmente convivere.Con un’auto del genere si può indifferentemente affrontare la città così come un lungo viaggio in autostrada. Il limite infatti delle auto elettriche è, e sarà ancora per un decennio, la scarsa autonomia di percorenza mentre il limite delle auto ibride è ad oggi rappresentato dal costo maggiore e dal ‘limitato’ guadagno dell’impatto ambientale.In attesa del miglioramento dell’efficienza delle batterie e dello sviluppo dei motori a idrogeno, il futuro prossimo è quindi ibrido ma di tipo plug-in. Per incentivare tale passaggio bisognerà però dotare tutte le aree di parcheggio, sia privato che pubblico, di prese elettriche per la ricarica delle batterie oppure realizzare della apposite stazioni dove basterà parcheggiare le nostre auto per la ricarica delle batterie mediante induzione elettromagnetica come già accade per i più moderni sistemi per la ricarica dei cellulari e lettori mp3. Esistono quindi o sono di facile ed economica realizzazione e installazione tutti gli strumenti per ‘entrare’ finalmente nel futuro della mobilità eco-sostenibile e la nuova Toyota Prius Plug-in è probabilmente il modo più semplice per farlo.
di Gianluca Esposito Mariani

martedì 15 dicembre 2009

Auto: Bmw e Volkswagen frenano con le auto a idrogeno, Daimler prosegue

Le case automobilistiche tedesche frenano sull'idrogeno. Bmw ha deciso di sospendere i test su strada della sua vettura a idrogeno: "Per il momento non ci sarà una nuova flotta di auto di prova a idrogeno", ha detto al quotidiano Handelsblatt il responsabile ricerche del gruppo, Klaus Draeger. E stessa cosa per la rivale Volkswagen che ha deciso di abbandonare per il momento questa tecnologia. Chi invece prosegue su questa strada è il costruttore teutonico, Daimler, che ha già prodotto alcune auto in serie.

Finanzaonline.com

Il nuovo Piano energetico-ambientale di Roma - Fotovoltaico su ogni tetto della città, auto elettriche e distributori di idrogeno entro il 2020


Roma contro i cambiamenti climatici “fa sul serio”. Con questo slogan il sindaco Alemanno ha lanciato ufficialmente il nuovo Piano energetico ambientale di Roma, un ambizioso programma di risparmio energetico di sviluppo di fonti energetiche rinnovabili ideato insieme al noto economista ed ambientalista americano Jeremy Rifkin.
Il piano prevede una serie di progetti che entro il 2020, secondo le intenzioni di Alemanno ed il guru Rifkin, dovrebbero portare Roma all’avanguardia tra le Capitali europee in termini di sostenibilità ambientale. Oltre allo sviluppo dei trasporti sotterranei il piano prevede la realizzazione di minicentrali energetiche sui tetti di Roma, una prima rete di distributori di idrogeno misto a metano, la coogenerazione e l’energia solare negli ospedali a partire dal Sant’Andrea, sui tetti delle scuole e sopra i capannoni industriali.
Ed ancora: punti luce che sprecano meno energia, colonnine per la ricarica di auto elettriche ed uno sviluppo del fotovoltaico che passerà dagli attuali 3,3 watt a persona ai 18 del 2012 ed ai 50 del 2020. “Roma- ha detto Rifkin - può veramente assumere un ruolo guida nella prossima III rivoluzione industriale”. Vero, ma ora arriva il difficile: riuscire a trasformare le belle intenzioni in atti reali. Seguono le parole di Alemanno e la lista di progetti previsti dal piano.

Parola di Mercedes: "Il costo delle auto diesel salirà alle stelle entro il 2015"


Thomas Weber, responsabile Ricerca&Sviluppo Mercedes ha recentemente dichiarato che entro il 2015 il prezzo delle auto a gasolio salirà alle stelle. Il motivo è presto detto: adeguare i diesel alle restrittive norme anti-inquinamento Euro 6 sarà molto difficile e costoso per le case automobilistiche, secondo Weber. Il manager ha azzardato una soluzione: “Secondo noi, la risposta sul lungo termine sta nell’idrogeno”.
Già l’adeguamento alla normativa Euro 5 si è tramutato in un costo aggiuntivo per i clienti, a causa dei raffinati iniettori adottati nei motori odierni e di ulteriori componenti aggiuntive come i filtri antiparticolato, e il passaggio all’Euro 6 comporterà un aggravio di prezzo che potrà essere nell’ordine delle migliaia di euro, secondo le previsioni di Weber. Per non parlare poi del costo dei propoulsori diesel-ibridi…
Nel giro di più o meno sei o sette anni insomma, ci ritroveremo in una condizione per cui le auto a idrogeno saranno più convenienti delle diesel. Non a caso Mercedes ha recentemente presentato la variante di serie della sua Classe B F-Cell.
La scommessa dei tedeschi e di chi come loro seguirà la strada dell’idrogeno è ambiziosa e rischiosa allo stesso tempo: la Stella è convinta di essere sulla strada giusta, nonostante tutti i grossi dubbi attuali sul trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione di idrogeno per autotrazione.
Weber ne è certo: mentre l’idrogeno rimarrà stabile sui 3 euro al chilo nei prossimi anni, i combustibili fossili conosceranno un’impennata sempre più rapida dei prezzi alla pompa. Ed effettivamente, andare con una Mercedes F-Cell sarà probabilmente più conveniente che con una CDI. Sempre a patto di trovare una rete di rifornimento adeguata…
pubblicato: domenica 13 dicembre 2009 da Fabio Sciarra

lunedì 14 dicembre 2009

Tesla, ecco come va la supercar elettrica


Per accaparrarsi un "pezzetto di futuro" basta collegarsi su internet al sito http://www.teslamotors.com/ e disporre di circa 120.000 euro "sull'unghia". È la via più rapida per accomodarsi nell'abitacolo della Tesla, l'unica supercar totalmente elettrica oggi in commercio, prodotta a San Carlos in California dalla Tesla Motors, la società statunitense creata da Sergey Brin e Larry Page, i padri di Google, assieme a Elon Musk, il fondatore di PayPal.Sebbene sia prodotta dalla Lotus, la Tesla tuttavia ha un po' di "Made in Italy" nel DNA che gli deriva dal progetto legato in parte all'italianissima Dallara che di auto da corsa davvero ... se ne intende.Abbiamo colto l'occasione di provarla a fondo, in anteprima, nella zona di Ancona, su quelle stesse strade che ospitano il famoso Rally del Conero. Il modello che abbiamo testato in esclusiva con la rivista EcoCar è della Energy Resources, una realtà nazionale nel settore del fotovoltaico che impiega oltre 70 ingegneri specializzati nello sviluppo delle tecnologie fotovoltaico, geotermico e minieolico e realizza un terzo dell'energia pulita marchigiana e il 5% di quella italiana, facendo risparmiare al pianeta oltre 8 mila ton/anno di CO2.L'azienda marchigiana ha fatto della Tesla la propria auto aziendale e l'energia per loro non costa neppure quei pochi euro che sarebbero costretti a pagare i comuni mortali, poiché l'azienda è completamente autonoma dal punto di vista energetico.Ma andiamo a scoprire più da vicino la Tesla S, in particolare questo modello "Signature 250", una versione speciale ed esclusiva, essendo la numero 107 delle 250 finora importate in Europa, come testimonia la targhetta posta in mezzo ai due sedili.Dal punto di vista del design bisogna ammettere che è veramente bella. Una Roadster due posti schiacciata sull'asfalto che promette faville in fatto di prestazioni, ma sarà davvero così?Il telaio, dicevamo, è quello della Lotus Elise: per accedere nell'abitacolo bisogna calarsi a bordo, ma una volta accomodati nei sedili avvolgenti (c'è pure una pompetta ad aria per regolare il supporto lombare) ricoperti in morbida pelle, ci si ritrova proiettati nel cockpit di un'auto da forte sapore racing. Al solito girando la chiave non avviene nulla, solo il consueto turbinio delle spie che si accendono a turno sul quadro, ma la Tesla è già pronta a mordere l'asfalto. La leva del cambio non c'è, è sostituita da quattro pulsanti che consentono di selezionare la modalità di guida come sui classici cambi automatici: Parking, Retro, Neutral e Drive. Sempre sul tunnel centrale è sistemato il pulsante TC che permette di disabilitare il Traction control, assieme ai tasti per il riscaldamento elettrico dei sedili. Nella consolle centrale, invece, c'è il display touch screen che dà l'accesso a un'infinità d'informazioni e regolazioni. Più in basso c'è la classica presa da 12 V per l'accendisigari e l'attacco per la USB, che in questo caso non serve per ascoltare la musica ma permette di scaricare i file da inviare al "service" della Tesla, in caso di funzionamento anomalo. Spesso, infatti, può bastare un aggiornamento e un "upload" per eliminare guasti o ripristinare le configurazioni di base, come sul un qualunque PC.È il momento di andare: tenendo il piede sul freno, come in tutte le auto con il cambio automatico, basta premere il pulsante D (Drive) per vedere muovere in avanti la Roadster californiana. Prudentemente si spinge sull'acceleratore e subito si apprende che ha la stessa risposta delle auto tradizionali, la differenza è nel silenzio assoluto e al nostro orecchio abituato al rombo possente, quando si è alla guida di un'auto sportiva, sembra davvero che manchi qualcosa. Basta affondare con più decisione perché sopraggiunga il sibilo legato all'aerodinamica e al vento, rafforzato dal rotolamento delle gomme, vista l'accelerazione dichiarata di 3.9 secondi da 0 a 100 km/h e la velocità massima raggiungibile di 200 km/h. Nel nostro test abbiamo registrato un po' più umano 4.7 secondi nello 0-100 km/h, soprattutto perché le batterie non erano completamente cariche, mentre come velocità massima abbiamo raggiunto "solo" i 140 km/h (per ovvi motivi), che la Roadster americana ha toccato in 8.8 secondi, in meno di 200 metri.Proprio un bell'andare per un'auto elettrica, ben lungi da tutti i preconcetti che le vogliono cittadine, lente e poco divertenti.La Tesla ha una guidabilità eccellente, dovuta all'ottima meccanica Lotus delle sospensioni: a bracci sovrapposti nell'anteriore e multilink nel posteriore; e non di meno dalla eccellente ripartizione dei pesi, con il 35% che grava sull'anteriore e il restante 65% sull'asse posteriore. Lanciarsi nel toboga di curve e controcurve sul Monte Conero che esaltano il carattere della roadster californiana, dopo aver saggiato la Tesla in autostrada, dove per altro non sfigura per niente, riporta al piacere di guida che solo le sportive dure e pure sanno regalare. L'assetto fino a ora rigido e poco confortevole, si trasforma in un compagno di guida insostituibile lo sterzo privo di assistenza permette di pennellare ogni curva. Gli pneumatici ultra sportivi Yokohama A048 semislick mordono l'asfalto e non cedono di un millimetro, neanche quando il ritmo si fa davvero sostenuto. In questo frangente emerge un sano sottosterzo che aiuta a comprendere il limite della vettura, peraltro sempre assistita dall'elettronica di bordo: ABS con EBD, Traction Control ed ESP. Assolutamente entusiasmante anche la frenata, garantita da pinze AP Racing e dischi dalle generose dimensioni. In suo aiuto interviene il sistema di recupero dell'energia cinetica che supporta pure la frenata, mentre sul cruscotto un indicatore mostra in tempo reale il contributo alla ricarica della batteria.Stabilire il giusto feeling con la Tesla richiede davvero poco tempo. La reazione alla spinta sull'acceleratore è veramente intuitiva e facilmente gestibile. Più difficile invece è abituarsi alle sue brucianti accelerazioni in completo silenzio, come si stesse in una navicella spaziale.Il futuro con la Tesla è già nelle nostre mani, grazie al suo cuore pulsante che è il motore elettrico da 375 Volt, raffreddato ad aria, in grado di erogare 185 kW, ovvero 248 Cv, tra i 5.500 e gli 6.800 giri con una coppia massima di 376 Nm, disponibile da 0 a 4.500 giri. È alimentato dal pacco batterie che pesa 450 kg, composto da 6.831 celle agli ioni di litio e raffreddato a liquido. È garantito per 7 anni/60.000 km ma nel proprio ciclo di vita arriva a percorrere fino a 160.000 km. Non è prevista la sostituzione, tuttavia se il proprietario dovesse "dimenticare" di ricaricare la sua Testa per troppo tempo mandandolo in tilt, occorreranno 10.000 euro, pari a circa un decimo del costo dell'auto, che parte appunto da 99.000 euro, più Iva, per la versione base. Per un "pieno" di elettricità la Tesla, secondo quanto dichiarato dalla Casa madre, richiede 3,5 ore utilizzando però il modulo "high charge" denominato Tesla Motor Home Connector, che ha bisogno di una comune presa a 240 Volt in grado erogare almeno 15 kWh, altrimenti per arrivare all'autonomia dichiarata i tempi si allungano parecchio.Delle quattro modalità di carica, la Standard è quella predefinita, ed è anche quella in cui torna la vettura ogni volta che viene spento il quadro. La Storage invece è raccomandata nel caso in cui non si utilizzi la vettura per lunghi periodi per non danneggiare il pacco batterie. In Range la batteria è caricata al massimo livello possibile. Limita la potenza del motore al 50% e massimizza l'autonomia della vettura. Infine in Performance mode, la Roadster è in grado di erogare la massima potenza. Questa modalità porta la batteria ad una temperatura di esercizio elevata riducendone però la durata: è attivabile anche con la chiave, ruotando la stessa nel blocchetto oltre la posizione ON e una volta inserita si accende una spia "P" in blu sul cruscotto. Sia la Performance sia la Range, se usate a lungo, danneggiano la batteria.Fondamentale per il controllo e utilizzo corretto della carica è l'unità PEM (Power Electronics Module), che gestisce i flussi della potenza e monitora le temperature di esercizio della batteria.L'autonomia dichiarata per questo "gioiellino" è di 320 km, ma varia secondo il settaggio dell'erogazione dell'energia accumulata nel pacco batterie e dall'abilità del guidatore nello sfruttare il recupero dell'energia in discesa e in frenata. La Tesla è un'automobile per tutti gli usi, viaggia bene in città e fuori, può scatenarsi da vera sportiva o portare a spasso comodamente i due occupanti, intrattenendoli con l'ottimo impianto Hi-Fi, tutto senza spendere un euro e senza inquinare. La ricarica per la Testa della Energy Resource, infatti, è offerta direttamente dal sole: consumi Zero, emissioni Zero, costo Zero.


di Marina Terpolilli

AMB - Clima, l’illusione ambientalista dell’auto elettrica


Roma, 14 dic (Velino) - “Se la politica non si fosse messa in mezzo, se in giro non ci fosse una voglia matta di salvare il pianeta, e se si fossero dati al momento giusto due colpetti sul popò a quei discoli che giocano a fare la rivoluzione verde e terrorizzano il mondo annunciando catastrofi, di veicoli elettrici poco o nulla si parlerebbe”. È quanto scrive il giornalista Renato Calvanese nel suo studio “La quarta volta dell'auto elettrica”, un briefing paper dell’Istituto Bruno Leoni dedicato all’illusione che i veicoli elettrici possano portare a una rivoluzione ecologica nel settore dei trasporti. “Le case automobilistiche non sprecherebbero tempo e materiali per costruirli – aggiunge Calvanese -, i giornali non consumerebbero inchiostro nel descrivere l’ultimo modello concepito per l’anno in cui saremo tutti morti, e noi non ci perderemmo in chiacchiere. Sarebbe un ottimo modo di risparmiare energia”. In questi giorni, alla conferenza sul clima di Copenhagen, l’auto elettrica occupa un posto d’onore. “Mister Obama, Monsieur Sarkozy e Frau Merkel sono pronti a stanziare cifre astronomiche per vederne circolare milioni entro il 2020, quando soltanto pochi si ricorderanno delle loro parole per misurarne il fallimento – scrive Calvanese -. La politica comanda e le case automobilistiche, attirate dal profumo del denaro pubblico, si rimettono all’opera: riesumano progetti dimenticati, grattano via la ruggine dai vecchi prototipi ammonticchiati in magazzino, gli istallano a bordo qualche diavoleria tecnologica all’ultimo grido, e al primo salone dell’auto in programma presentano collezioni già viste sfilare anni prima, modelli che dovevano entrare in produzione dieci anni fa e che nel 2009 avrebbero dovuto costituire il 10 per cento dell’immatricolato mondiale”.
Ma le promesse passate non contano e l’auto elettrica è alle porte da cent’anni. “Ogni tanto qualcuno fa irruzione nel saloon, fa un po’ di baldoria, grida al mondo che ha inventato l’auto elettrica, leva e il calice e sparisce nell’ombra – si legge nello studio -. La sbronza passa, la febbre dell’elettrico si cheta e ci si rende conto che gli unici che si sono lasciati convincere dall’avvinazzato di turno sono qualche amministrazione pubblica che spende soldi non suoi e qualche ecologista idolatra dell’ambiente più che del denaro”. Sono già quattro volte che l’auto elettrica viene spacciata come il mezzo di trasporto del futuro. La sua invenzione si deve al genio di Thomas Alva Edison all’inizio del Novecento. All’epoca a New York, Chicago e Boston c’erano un totale di 2370 auto: 1179 erano a vapore, 800 elettriche e solo 400 a benzina. “Le tre alimentazioni competevano per il primato, ciascuna presentando considerevoli vantaggi – ricorda Calvanese -. Il motore a vapore aveva la storia dalla sua parte: da tempo muoveva le navi, i treni, alimentava le industrie. Perché non poteva muovere anche le automobili? Era potente ed efficiente, poteva accelerare facilmente grazie al semplice uso di una leva e non aveva bisogno di marce. Le auto a combustione interna erano invece rumorose, puzzolenti e nonostante molti potrebbero non crederci, incredibilmente più inquinanti di quanto lo siano oggi. L’auto elettrica al contrario delle sue avversarie era silenziosa come un gattino, semplice da costruire e non puzzava. Non c’era niente da congelare o da bruciare, non c’erano gas di scarico o resti di materiali; una singola leva controllava la potenza e un’altra lo sterzo. Era senza dubbio l’auto più amata”.
Edison si gettò in questa competizione tra i tre mezzi di trasporto dichiarando: “Le auto a benzina non hanno legittimo posto nel traffico cittadino” seguito da un perentorio: “Ho risolto il problema dell’automobile. Ne posso costruire una talmente veloce che un uomo non può sedervi sopra. La velocità delle macchine a batterie può essere illimitata”. Nel 1909 diede l’annuncio che finalmente ce l’aveva fatta. “In un certo senso aveva ragione – ricorda Calvanese -: la carica durava fino a 160 chilometri, la batteria era più leggera della vecchia, poteva essere ricaricata nella metà del tempo, resisteva alla decomposizione e durava dalle tre alle dieci volte più di quelle acide”. Nel secondo decennio del Novecento l’auto a vapore si ritirò dalle scene e il duello si restrinse a due soli rivali: elettrico e benzina. Nel 1912 furono 34 mila i veicoli elettrici venduti. Ma l’anno successivo Ford iniziò a vendere il suo Modello T a soli 550 dollari (11.819 dollari d’oggi) e l’auto elettrica, incapace di trasformarsi in auto di massa, pian piano sparì dalle strade. “La guerra tra Michigan e New York, tra il cuore dell’America imbrattato dai fumi e l’East Cost dall’anima elettrica era terminata. Ford aveva vinto - scrive Calvanese -. Edison perse la sua corsa. Nell’impresa aveva speso milioni di dollari. Perlomeno erano i suoi. Quella fu l’unica volta che l’idea dell’auto elettrica venne totalmente sussidiata da fondi privati”.
Un ritorno di fiamma per l’auto elettrica si ebbe, sempre Oltreoceano, negli anni Sessanta e Settanta favorito dall’avvento dell’era hippy e dalla crisi petrolifera del 1973: pochi però i modelli venduti e anche esteticamente inguardabili. “La terza volta dell’elettrico iniziò nel pieno della psicosi collettiva per le piogge acide e per il buco dell’ozono – ricorda Calvanese -. In tutto il mondo fu fatto divieto di mettersi la lacca nei capelli, deodorarsi e impomatarsi”. Nel 1990 in America cominciò la caccia alle emissioni dei veicoli a motore e il Carb, l’Agenzia per l’aria pulita californiana, dettò per la prima volta la linea ai reparti di ricerca e sviluppo delle grandi motor company americane: entro il 2003 il 10 per cento delle auto vendute in California da parte delle sette più grandi compagnie avrebbe dovuto essere a emissione zero. “A distanza di anni gli obiettivi e i metodi del Carb appaiono capricci sotto forma di legge, fantasie di bambini travestite da studi e proiezioni . osserva Calvanese -. Il Carb desiderava l’auto a zero emissioni e pensava fosse pronta. Si sbagliava”. Anche il governo federale americano decise di muoversi per favorire la rivoluzione verde. Nel 1993 Clinton e Gore stanziarono 1,25 miliardi di dollari per stabilire la leadership americana nello sviluppo e nella produzione di veicoli economici, efficienti e a basse emissioni. “Il risultato di questo programma denominato Pngv, Partnership for a New Generation of Vehicles fu una barzelletta. Per contenere al minimo i consumi le case svilupparono dei prototipi che fin dall’inizio sapevano che non sarebbero mai riusciti a commercializzare. Accoppiarono infatti un motore elettrico ad un motore diesel facendo lievitare enormemente il prezzo finale del veicolo. Nessun modello fu avviato alla produzione”. Anzi, le motor company iniziarono a invadere gli Usa con i mastodontici Suv. “Tutte le previsioni sull’elettrica formulate negli anni Novanta risultarono sbagliate. L’auto elettrica morì una terza volta, sempre in America”, sottolinea Calvanese e “tanto grossa era stata la cantonata sull’elettrico che neanche a Clinton nel 2004, parlando degli standard delle emissioni tossiche delle auto venne più in mente di parlare di auto elettriche”.
Morta per la terza volta l’auto elettrica, si cominciò a parlare di quella a idrogeno (doveva essere pronta per il 2010 e invece di recente gli esperti hanno fatto sapere che non se ne parlerà prima di altri dieci anni) e di benzina tirata fuori, scrive Calvanese, “dal mais, dalle barbabietole, dalla colza, dalle palme, dai girasoli, dal bolo alimentare, dal pappone dei cani”. Oggi, rispetto all’epoca di Edison, esistono tanti modelli di auto elettrica che è pure difficile avere bene a mente di cosa si stia parlando. C’è quella ibrida elettrica, che abbina un piccolo motore elettrico con uno a benzina, che dal 1997 a oggi ha venduto più di un milione di esemplari, soprattutto in Nord America e Giappone. “Scarsa la diffusione in Europa – rileva Calvanese - dove i consumi e le emissioni delle ibride vengono eguagliati dai migliori motori diesel, combustibile da tempo bandito sia a Washington che a Tokyo”. C’è poi l’auto totalmente elettrica “dotata solo di batterie che una volta scariche provocano l’arresto completo del mezzo e la digitazione del numero del soccorso stradale. A quel punto urge una presa di corrente domestica per ricaricarla in 6-8 ore, un po’ come fosse un cellulare”. Vi è poi quella denominata ibrida plug-in che combina un motore a combustione interna con un motore elettrico di maggiore capacità rispetto a quello di una semplice ibrida.
“Non è il mercato che chiede l’auto elettrica ma è la politica a pretenderla”, commenta Calvanese che evidenzia come oggi il presidente Barack Obama “da buon liberal col pallino per l’ambiente è convinto che i consumatori americani abbracceranno il progetto di auto elettrica a condizione che il governò aiuti le case a sostenere gli alti costi per produrle”. Così dall’autunno 2008 è cominciato lo stanziamento di 25 miliardi di dollari in forma di prestiti alle industrie che promettono di abbassare i consumi dei loro modelli, mentre Obama ha annunciato finanziamenti anche alle fabbriche che progettano e costruiscono batterie, “tassello indispensabile per completare la filiera dell’elettrico che nella mente del presidente darà la leadership dell’auto agli Usa negli anni a venire”. Ma la sbronza dell’auto elettrica sta coinvolgendo anche l’Europa. La Francia ha proclamato per mezzo del ministro dell’Energia l’obiettivo di due milioni di veicoli elettrici venduti entro il 2020 e la Germania ha presentato un piano per promuovere l’acquisto di un milione di auto elettriche entro lo stesso anno. “Se la politica di mestiere spara numeri a casaccio e incrocia le dita, altrettanto, ma con maggiore accortezza, fanno gli evanescenti uffici di statistica”, sottolinea Calvanese che prosegue: “A fare compagnia agli entusiasmi della politica ci pensano le case automobilistiche, specializzatesi sempre più in produzione di annunci e proclami” riguardanti prototipi di cui nessuno sa se verranno realizzati o meno.
Nonostante gli sforzi fatti nella tecnologia, i problemi dell’auto elettrica restano gli stessi di dieci anni fa: l’autonomia e la ricarica. “Una batteria al litio installata sul telaio di una normale berlina – scrive Calvanese - non assicura più di 150 chilometri di autonomia e una ricarica completa da una presa domestica avverrà in non meno di sei ore. Per di più la macchina costerà tra il 30 e il 40 per cento in più del corrispettivo modello a benzina”. Allora, perché nonostante queste controindicazioni il mito dell’auto elettrica seguita a riscuotere successo? “Forse questa è un’epoca che ha voglia di un po’ di rivoluzione, rossa o verde che sia – commenta Calvanese -. Oggi sembra non bastare più l’approccio riformista, l’innovazione. Non basta studiare lo scorrere di un grafico che ci ricorda che una macchina prodotta negli anni settanta inquinava come cento odierne, o che le motorizzazioni Euro 4 hanno abbattuto quasi del 90 per cento le emissioni inquinanti delle vecchie Euro 0. Non basta dire che una piccola berlina con motorizzazione diesel di oggi consuma quasi 4 litri per 100 chilometri (ossia quanto l’ibrida Toyota Prius), ha emissioni di CO2 sotto la soglia dei 90 grammi per chilometro e un prezzo accessibile. Non basta dire che la diffusione di un motore diesel di nuova generazione, una tecnologia già pronta, già collaudata, disponibile al costo di un leggero sovrapprezzo, produrrebbe un calo di consumi di petrolio e una diminuzione sostanziosa delle emissioni inquinanti. Evidentemente non basta. Migliorare non basta. Se il rivoluzionario crede che il mondo stia davvero per collassare allora non basta. Se i ghiacciai davvero si sciolgono, sei i pinguini davvero emigrano e se è vero che tra le foche si diffonde la piaga del divorzio, allora quello che di buono già c’è e che potrebbe aiutarci a migliorare le cose non basta. Se tutto questo sta davvero accadendo allora non resta che gridare ‘vive la révolution’, ‘vive l’auto electrique’”.

(Emanuele Gatto) 14 dic 2009 19:40

domenica 13 dicembre 2009

Il primo skilift a energia solare

Arriva il primo impianto di risalita al mondo a impatto zero. Sonnenlift, letteralmente “skilift del sole”, si trova nel comprensorio sciistico tirolese SkiWelt Wilder Kaiser-Brixental, non lontano da Kizbühel. Completamente alimentato a energia solare, grazie a un impianto di celle solari di 105 metri quadri, che è stato posizionato sulla grande parete esterna della nuova stazione della sciovia. Grazie al deposito TIWAG della Regione, l’energia ricavata viene immagazzinata per garantire il completo funzionamento dell’impianto, anche nei giorni senza sole. Arrivando addirittura ad avere degli accumuli extra.

http://atcasa.corriere.it

sabato 12 dicembre 2009

http://solar-flight.com/sunseekerII/index.html

La Citroën C-Zero pronta per la strada


Equilibrio. Al Cop 15 di Copenaghen è la parola d’ordine, che in questo caso fa rima con compromesso: tra Stati Uniti e Cina, rappresentanti delle esigenze dei paesi ricchi da una parte ed emergenti dall’altra. Ma anche tra i costi del riscaldamento globale e quelli necessari per alimentare le politiche per contrastarlo. Un compromesso da raggiungere nei 6 giorni mancanti alla conclusione del vertice e reso complicato dall’infinita variabilità dei numeri, spesso discordanti, presentati da scienziati e rappresentati dei 192 paesi. Comunque vada il sacrificio maggiore sarà chiesto al settore dei trasporti, con l’auto a marciare spedita verso l’emissione zero. La preoccupazione maggiore si chiama Cina: le 15 auto ogni 1.000 abitanti di oggi (in Italia siamo a 616) sono destinate ad aumentare rapidamente come dimostrano i dati del mercato di novembre con 14,2 milioni di unità e una crescita, rispetto allo stesso mese del 2008, del 98%.
La novità è questa volta nella risposta iniziale, già pronta: piccole elettriche gialle sono già a disposizione dei cittadini di Copenaghen (che sembrano però preferire le biciclette), ma soprattutto arriveranno presto alla produzione di serie. È il caso di Psa che a pochi metri dal Cop 15 presenta in anteprima la Citroen C-Zero confermando l’obiettivo del ceo Philippe Varin: la leadership in Europa del mercato delle elettriche. Per questo a giugno è stata siglato l’accordo con Mitsubishi (ora si punterebbe ad acquisirne il 30–50% delle azioni) che ha portato in “dote” la i-MiEV da cui deriva la C-Zero, e si è creata una business unit interessata a nuove formule per fare profitti e portare redditività alla rete con un’auto quasi a manutenzione zero, senza motore, olio, marmitta, e con un’usura limitata dei freni.
Una sfida nella sfida. Nel frattempo l’auto elettrica è sempre più matura, a sentire Psa che dichiara per la Citroen C-Zero 130 km d’autonomia e batterie garantite per 1.500 cicli di carica, pari a circa 150mila km dopo i quali comunque, la capacità è ancora l’80% di quella di partenza. Restano le incognite sulle batterie: il litio raddoppia la capacità energetica rispetto alle batterie al nichel e idruri metallici, ma è ancora troppo bassa, e i 16 kWh della C-Zero corrispondono a circa 6 litri di benzina. Le frequenti accelerazioni poi, insieme al condizionatore acceso, “stressano” velocemente le batterie portando l’autonomia alla soglia psicologica dei 100 km e limitando il campo di uso alla città. Poi i costi: 500 €/kW equivalgono per la C-Zero a 8.000 euro, tanto che la i-MiEv costa in Giappone circa 33.000 euro. È chiaro dunque che senza gli incentivi, Psa parla di almeno 5.000 euro, l’auto elettrica rischia di non arrivare mai in concessionaria. Così com’è anche chiaro che i rappresentati del Cop15 dovranno impegnarsi a realizzare una rete diffusa di punti di ricarica nelle città.
Se tutte le promesse saranno rispettate, Psa ipotizza l’1,5% di auto elettriche sul totale mercato nel 2015, per salire al 4,5% nel 2020. In particolare gli obiettivi della Psa sono 100-150.000 unità tra le gemelle Citroen C-Zero e iOn di Peugeot, a fine ciclo della vettura nel 2015. La C-Zero arriverà a fine 2010 per le flotte e nel 2012 per i clienti privati. Numeri da nicchia, ma un primo passo verso quella che anche al Cop15 appare come una rivoluzione culturale più che tecnologica.
12/12/09

venerdì 11 dicembre 2009

Zapatero, ddl economia sostenibile

20mld per auto elettrica, autonomia energetica, riciclo acque (ANSA) - MADRID, 2 DIC -Jose' Luis Zapatero ha presentato in parlamento un ddl sull'economia sostenibile che punta entro il 2010 a modifiche del sistema produttivo.Il progetto del premier spagnolo destina 20 mld di euro a progetti ambientali o di riduzione di impatto ambientale, introduce gradualmente l'auto elettrica, rende autonomi energeticamente gli edifici pubblici, gestire le acque favorendone il riutilizzo. Il pacchetto comprende pure il raggiungimento di ridurre del 20% entro il 2020 i gas serra.

www.ansa.it
02 Dic 19:43

General Motors a Detroit investe per l'elettrica VOLT


Il Gruppo General Motors investirà 336 milioni di dollari per assemblare l'elettrica Chevrolet Volt nello stabilimento centrale di Detroit a partire dal prossimo anno. La fabbrica di Detroit/Hamtramck (inaugurata nel 1985, vi sono impiegati 1.200 lavoratori) ospiterà inizialmente anche l'assemblaggio della Ampera, la corrispettiva versione della Opel, che sarà poi quasi certamente trasferita nell'impianto Vauxhall di Ellesmere Port. I componenti della Volt arriveranno a Detroit da altri siti americani. In particolare, le batterie agli ioni di litio si costruiranno a Brownstown Township.



11/12/09